Il drifting
Rispetto alla ‘sbandata controllata’ di origine scandinava, il drifting nasce in Giappone come tecnica di guida sull’asfalto. L’antesignano di questa tecnica fu un motociclista, Takahashi Kunimitsu, che la mise a punto negli anni Settanta, catturando l’attenzione di un gran numero di appassionati. Le tecniche di derapate moto vennero assorbite dal mondo degli sport automobilistici grazie ad un altro pilota giapponese, Tsuchiya Keiichi ; questi iniziò ad allenarsi sulla base del drifting di Takahashi e nel 1987 realizzò una sorta di video promozionale (intitolato ‘Plusply‘) seguito dall’organizzazione, per l’anno seguente, del primo evento dedicato specificamente al drfting: il D1 Grand Prix svoltosi sul Circuito di Tsukuba.
Al netto della parentesi ‘storica’, il principio fisico è pressoché identico ma con una sottile differenza: lo ‘scivolamento’ delle ruote posteriori viene accentuato dal pilota che, volontariamente, effettua una leggera sovrasterzata. L’effetto è il medesimo: le ruote al retrotreno perdono aderenza e trazione e slittano nel verso opposto a quello della traiettoria della curva.
Il drifting ha poi progressivamente raggiunto un certo grado di popolarità anche nel resto del mondo: nel 1996 venne organizzato in California il primo evento dedicato a questa tecnica di guida al di fuori del Giappone. Dal punto di vista tecnico esistono due modi per ‘driftare’:
- “Lift off“: per sovrasterzare, il pilota deve lasciare il pedale dell’acceleratore all’apice della curva e subito dopo frenare in maniera brusca; questo procedimento determina una perdita di trazione delle ruote posteriori e lo spostamento dei carichi all’avantreno;
- “Clutch kick“: con questa tecnica si riesce ad indirizzare sulle ruote posteriori una maggiore quantità di coppia in maniera improvvisa, con il medesimo risultato in termini di trazione. Per fare ciò, il pilota accelera all’ingresso della curva e tiene premuto anche il pedale della frizione, aumentando il numero di giri al minuto, per poi rilasciarla improvvisamente.
Le derapate in moto
Le derapate sono possibili anche in moto. Anche in questo caso, la tecnica ed il principio non si discostano più di tanto da quelli che intervengono nel ‘flick’ scandinavo o nel drift effettuati con le auto.
Il passaggio fondamentale è quello di spostare il carico sull’anteriore ed alleggerire la ruota posteriore. Quando ci si appresta ad effettuare la staccata in curva (cioè ci si trova nel tratto di rettilineo immediatamente precedente all’ingresso del tornante), si scalano le marce, passando dalla quinta alla seconda. Al contempo, si modifica la postura del corpo per affrontare la curva e si aziona il freno anteriore. Successivamente si imbocca la curva, lasciando la frizione (quelle ‘anti saltellamento’ possono essere rilasciate subito rispetto a quelle di vecchia generazione). L’obiettivo è quello di descrivere una traiettoria più ‘stretta’ rispetto a quella convenzionale, passando in prossimità del cordolo. All’altezza del centro della curva, si rilascia il freno anteriore e infine si torna a dare gas all’inizio del tratto finale della svolta.
La derapata consiste sostanzialmente in un leggero slittamento, non particolarmente prolungato, della ruota posteriore: non prevede la ‘piega’ da parte del motociclista e non ha una durata paragonabile al drift delle auto.